Napoli, notte nera a Lisbona: ma non è un ritorno al caos

Il Napoli perde a Lisbona, contro il Benfica, in Champions League

Ci sono serate in cui il calcio presenta il conto senza neanche bussare. A Lisbona il Napoli lo ha trovato già sul tavolo dopo venti minuti: il Benfica è entrato in campo con un’intensità feroce, ha divorato ogni spazio e ha tolto ossigeno e certezze a una squadra che da settimane viaggia in apnea, spremuta e con la coperta sempre più corta.

La sconfitta per 2-0 è pesante, meritata e soprattutto figlia di una partita nata storta nelle zone dove oggi il Napoli è più vulnerabile: il centrocampo. Tra assenze, ruoli adattati e gambe che cominciano a tremare sotto il peso di un calendario infinito, la squadra di Conte ha subito un ritmo che in questo momento non può reggere. In mezzo si è vista la differenza tra chi può ruotare uomini e chi, invece, deve arrangiarsi.

Il tema è tutto qui: non è una questione di colpe, ma di risorse. Quando ti mancano alternative, quando i soliti fanno gli straordinari da un mese, quando anche i più affidabili cominciano a perdere brillantezza, allora anche piccole crepe diventano fratture profonde. E contro un Benfica così organizzato, quelle crepe non hanno fatto prigionieri.

Il Napoli ha provato a restare in piedi, come ha fatto spesso nelle ultime settimane, e questo va riconosciuto. Non c’è stato crollo emotivo, non c’è stato abbandono alla frustrazione. Ma la lucidità necessaria per invertire l’inerzia non c’era più: non nelle gambe, non nelle idee, non nelle letture dei momenti. E quando la testa si abbassa anche solo di un grado, in Champions basta pochissimo per pagare dazio.

La verità è che il Napoli non si è smarrito, non è tornato quello confuso d’autunno. Ha semplicemente sbattuto contro i suoi limiti. E questo, paradossalmente, è un buon segnale: significa che la squadra un’identità adesso ce l’ha, e che il blackout non è strutturale, ma contingente. Una notte storta, non un’inversione di marcia.

La sfida di Copenhagen dirà molto di più di questa sconfitta. Diremo anzi: dirà tutto. Capiremo se il Napoli ha la forza mentale per rialzarsi lontano dal Maradona, dove finora ha concesso troppo e raccolto poco. Andare a Udine, intanto, servirà a non disperdere quanto di buono costruito nell’ultimo mese, quando, nonostante l’emergenza perenne, la squadra aveva ritrovato compattezza, idee e fame.

Non è il momento dei processi. È il momento della lucidità. E della memoria: perché se quando si vince ricordiamo che siamo in emergenza, quando si perde bisogna farlo ancora di più.

Il Napoli resta un cantiere aperto, ma vivo. Ed è questa, oggi, la notizia migliore.

(Foto: sscnapoli.it)