Curaçao sarà la nazione più piccola di sempre a partecipare a un Mondiale. Un traguardo che sembra una favola, ma che in realtà è il risultato di un progetto lungo dieci anni, fatto di identità, diaspora e una visione calcistica moderna radicata nell’eredità olandese.
Il rigore cancellato e l’esplosione di gioia
A Kingston serviva un finale da film. La Giamaica doveva vincere a tutti i costi, aveva colpito due pali e spinto per tutta la partita. Al 94’, l’arbitro Iván Barton – volto noto della CONCACAF, con tre partite dirette ai Mondiali 2022 – assegna un rigore ai Reggae Boyz per un contatto su Richards. Il VAR ribalta tutto. L’atmosfera si gela. Curaçao resiste fino alla fine e conquista una qualificazione che, solo quindici anni fa, sarebbe sembrata impossibile.
Un risultato che cambia la geografia della CONCACAF
Con Messico, USA e Canada già qualificati come Paesi ospitanti, la corsa verso il Mondiale 2026 ha aperto spazio a tre nazionali considerate “minori”. Oltre a Curaçao, ce la fanno anche Panama e Haiti, lasciando fuori storiche protagoniste come Costa Rica, Honduras ed El Salvador. È uno schiaffo alle gerarchie, ma anche una carezza per chi crede nella rappresentatività e nella meritocrazia.
L’inizio della rivoluzione: l’effetto Kluivert
La metamorfosi curacense parte nel 2015, quando Patrick Kluivert decide di allenare la nazionale della terra d’origine. La sua intuizione è semplice e geniale: costruire la squadra sulla diaspora. Giocatori chiave come Leandro Bacuna, Cuco Martina o Gino Van Kessel – nati nei Paesi Bassi ma di famiglia curacense – accettano la chiamata. Nasce così un’identità calcistica nuova, basata su cultura olandese, tecnica europea e orgoglio caraibico.
Bicentini, Hiddink e Advocaat: tre idee, una sola direzione
Dopo Kluivert, il progetto passa nelle mani del suo vice Remko Bicentini, che trasforma la Nazionale in una sorta di “club olandese ai Caraibi”: gioco propositivo, creatività, atmosfera familiare e crescita infrastrutturale. Arriva poi Guus Hiddink come supervisore, e dal 2024 tocca a Dick Advocaat dare l’ultimo impulso. Sotto la sua guida nascono nuovi protagonisti: Chong, Obispo, Hansen, Paulina. Curaçao gioca un calcio moderno, coraggioso, e soprattutto efficace.
L’Onda Blu che ha sovvertito tutto
Nelle qualificazioni finali Curaçao sommerge le Bermuda, batte la Giamaica, supera Trinidad & Tobago e vola al Mondiale. Lo fa sostenuta da un entusiasmo popolare crescente: da mille tifosi allo stadio a oltre diecimila. La nazionale diventa un simbolo culturale, sociale e perfino turistico, mentre l’isola celebra il suo momento storico tra le festività di Sinterklaas e le sfilate di Willemstad.
Un Mondiale per la “guarigione”
Il nome Curaçao, in portoghese, significa guarigione. È forse la metafora più giusta per una storia che unisce calcio, identità e rinascita. Nel 2026, all’Azteca o altrove, la più piccola nazione di sempre a qualificarsi potrà finalmente dirlo al mondo: l’Onda Blu non è una favola, ma il frutto di un progetto serio, visionario e sorprendente.
(Foto: screenshot RaiNews24)





