Gudmundsson si ritrova al centro della tempesta viola dopo la sconfitta per 3-1 contro il Sassuolo, ma la sua versione sul rigore ribalta l’accusa di essersi tirato indietro nel momento decisivo.
Il rigore che accende il caos
Sul penalty alla Fiorentina, la scena è chiara: a presentarsi sul dischetto non è il rigorista designato Gudmundsson, ma Mandragora, dopo una discussione vistosa in campo con Kean. Nel dopo gara, l’allenatore Vanoli spiega che il numero 10 islandese era il primo rigorista e che non ha voluto calciare, trasformando l’episodio in un caso mediatico e alimentando i sospetti dei tifosi.
Sui social, infatti, una parte della tifoseria accusa Gudmundsson di aver avuto paura e di essersi nascosto in un momento chiave, in un contesto già avvelenato dall’ultimo posto in classifica e dall’ennesima sconfitta.
La risposta di Gudmundsson
Gudmundsson sceglie Instagram per replicare a chi parla di mancanza di coraggio, intervenendo sotto un contenuto che rilancia le parole di Giaccherini, critico sul suo atteggiamento. Il fantasista chiarisce di non essersi mai rifiutato di calciare un rigore e di non aver intenzione di farlo, ricordando di aver sempre tirato i penalty per i propri club senza problemi. Il passaggio più significativo è la spiegazione sulla dinamica del rigore: un compagno aveva già preso il pallone e Gudmundsson sostiene di non essere il tipo di persona disposto a litigare in mezzo al campo, davanti a uno stadio pieno, per strappargli il tiro dal dischetto.
Una Viola allo sbando
Il “caso rigore” diventa così il simbolo della crisi Fiorentina: squadra in caduta, spogliatoio agitato, gerarchie confuse e una tifoseria che vede nell’episodio la fotografia di una stagione vicina al tracollo. In vista della sfida con il Verona, che somiglia a un vero scontro salvezza, ogni scelta – anche dal dischetto – rischia di pesare come una sentenza.
(Foto: sito fiorentina)





